sabato 11 aprile 2009

Ho visto un film: "He's Just Not That Into You"

Pensi troppo. Ultimamente sei eccessiva ed eccessivamente riflessiva e calcolatrice. Non lo fai con falsità, non lo fai per un tornaconto. Lo fai e basta e, per di più, te ne rendi conto solo dopo, quando le conseguenze delle tue intense riflessioni ti costringono ad ammettere di aver pensato troppo. Di solito sono gli altri che ti fanno prendere atto dei tuoi comportamenti calibrati. E allora ti biasimano, e poi ti biasimi tu e ti chiedi come mai ultimamente tu sia così. Perché ti mostri così insicura a te stessa, tu che - in certi ambiti - sei sempre sembrata così spavalda, così determinata e consapevole di ogni tuo gesto e di ogni tua convinzione.
Allora inizi a farti domande a raffica, domande che ti ronzano in testa, domande davvero ardue cui non sai - o meglio, non vuoi - rispondere perché sai perfettamente che la risposta è una sola.
Cerchi, quindi, di posticipare la domanda così da non dover necessariamente risponderti. Tenti di essere più naturale e spontanea; e poi ti accorgi che la tua naturalezza sarebbe meravigliosamente perfetta, se solo dall'altra parte non ci fosse resistenza. E ancora una volta ti sei abbassata, ti sei piegata e ti sei mostrata in tutta la tua fragilità. 
Ti dici che prima o poi ti spezzerai, perché anche tu sei vulnerabile, anche tu - dopo esserti piegata costantemente ed esserti rialzata a fatica - ti piegherai un'ultima volta senza più rialzarti. Ti troverai spezzata in due e dovrai ricostruirti.
Sai tutto ciò, ma per il momento continui a sperimentare. O meglio, fino a poche ore fa eri intenzionata a sperimentare, a fare l'ultimo gesto un po' avventato. 
Un bacio che evidentemente non è stato accolto come avresti voluto. Forse l'ultimo bacio. E, a questo punto, non ti resta che sperare che sia l'ultimo e che sia giunto il momento in cui ti stai spezzando dentro e devi trovare in te la forza  per ricostruirti. 
Senza di lui.

mercoledì 14 gennaio 2009

Non più Sereni

Per fare il bacio che oggi era nell'aria
quelli non bastano di tutta una vita.
(da Sereni, 'Mille miglia')

venerdì 26 dicembre 2008

Ieri - Oggi - Domani

Lo sai, quattro anni fa ero diversa. Prima di tutto ero minorenne e poi avevo una certezza. Tu c'eri e c'eri sempre, perché anche quando non eravamo insieme, io sentivo che tu c'eri ci saresti stato. Poi ero diversa perché non avevo ancora realmente compreso cosa fosse quella sensazione che ti prende lo stomaco e per un periodo di tempo (che sia breve o quasi eterno) ti fa agire d'impulso. Ti senti in subbuglio: tu, le tue membra, il tuo stomaco, la tua testa, poi. Ti senti come se volessi provare ogni giorno della tua vita quel brivido e quel formicolio così piacevole. Non sai che quella sensazione ora così pura e trasparente sarà poi dilaniante, quando sceglierai di porre fine a quella parentesi e perderai qualcosa. E' una tua scelta, sì, ma lo fai perché sei ormai consapevole del fatto che quei difetti - che prima non vedevi perché la tua vista era annebbiata da un tremore di gioia e passione - ora sono montagne insormontabili. Gli errori non si possono più cancellare, sopportare. Quattro anni fa ero diversa perché avevo amato solo te e non ancora un altro.
Lo sai, due anni fa ero diversa. Ero diversa perché a quest'ora non stavo per uscire a festeggiare il mio ventunesimo compleanno, ma gli anni erano solo diciannove e c'era già tu, da poche ore, accanto a me. Era diverso perché stava iniziando una nuova fase della mia vita: la parte in cui avrei amato te, e avrei vissuto accanto a te una serie di emozioni ineguagliabili. Era diverso perché due anni fa non vedevo i tuoi difetti, così come tu non vedevi i miei: ci piaceva nasconderci dietro i nostri crampi allo stomaco, dietro il nostro amore. Poi, però, arriva sempre il momento di affrontare i problemi, i difetti, le diversità, le incompatibilità. Ero diversa perché ci sarebbe voluto ancora un anno perché quel momento arrivasse. Un giorno è arrivato, non so più se gradualmente o all'improvviso, e lo abbiamo affrontato. E' stato doloroso, è stato difficile, è stato un passo: uno nuovo.
Lo sai, oggi sono diversa da ieri, da due anni fa e anche da quattro. Oggi sono nel vortice della vita, combattuta tra il restare e l'andare, combattuta tra te e l'attesa. Tu che mi guardi e mi dici le cose a frammenti: brandelli di gioia e delusioni. Oggi faccio piccolissimi passi, ogni tanto avanti e ogni tanto indietro. Oggi prendo decisioni avventate, oggi mi lancio, anche tra le tue braccia anche tra quelle altrui. Oggi sono così diversa che non so più nemmeno chi sono o chi voglio essere o chi si suppone che io sia. Oggi non sono io, e non sono nemmeno quello che vorresti tu. Oggi mi sento come se tu fossi la possibilità di riscoprire me stessa. Ieri, però, con razionalità capivo che tu non saresti mai potuto essere nulla di tutto ciò. E l'altro ieri non eri niente tu ed ero disillusa io. Domani probabilmente mi butterò nella speranza di atterrare su qualcosa di morbido. Che sia tu o una nuova lunga ed estenuante attesa, in cui diverrò conscia di dovermi scoprire da sola, cominciando da me stessa. E forse sarà così che ricomincerò da me.

martedì 22 luglio 2008

A che Gioco vuoi giocare?...

Ogni momento ti chiedi se effetivamente ci sia qualcosa di logico, qualcosa di giusto, quacosa che valga la pena di essere vissuto così come tu lo stai vivendo. Ogni istante della giornata si somma a quello precedente con una perfezione nell'incastrarsi che lascia sbigottiti, che ti lascia inerme. Non credere che ogni cosa sia un caso, non illuderti che il tuo libero arbitrio ti conceda sempre di tornare indietro. Sei fermamente convinto che la decisione che prenderai domani o quella che non hai preso cinque minuti fa non facciano la differenza. E ti sbagli.
Credi solo che tutto debba essere frutto di un ragionamento e di una riflessione. Tutto dev'essere tenuto d'occhio, e sempre più spesso con una razionalità che tu non hai o che non vuoi avere.
In guardia. Il tuo prossimo passo potrebbe essere ciò che non avresti mai pensato o, addirittura, voluto fare.
E così fai quello che non avresti mai pensato di fare.

...ammesso che sia il caso di giocare, ammesso che tu voglia o possa giocare.

martedì 10 giugno 2008

Il Momento dell'Uguale

Quando si chiude la graffa aperta tempo fa, è difficile riuscire ad avere il coraggio necessario per scrivere quel maledetto Uguale. Si può credere di avere la forza di andare a capo: in fondo è un'Espressione matematica da risolvere, quindi puoi andare avanti...ma ad un certo punto il Momento dell'Uguale arriva e tu lo devi scrivere. In realtà, non sai nemmeno tu che cosa significhi scrivere l'Uguale, perché non conoscendo il risultato dell'espressione non sai cosa aspettarti. Allora, per procrastinare quel fantomatico e indispensabile momento, continui a scrivere parti di espressione sempre uguali a se stesse, sinonimi.
Avanzi, senza muoverti, fai due passi in avanti e venti indietro. E lo sai perfettamente che è inutile. Lo sai, ma senti la Necessità di ritardare, rimandare. E' un bisogno impellente per il semplice fatto che, pur non sapendo il risultato dell'espressione, supponi che il tuo Procedimento sia giusto e logico e che- di conseguenza - la tua Espressione ti darà il risultato corretto. Quello che c'è sul Libro.
Una frazione.
Apparente: 2/2 = 1

martedì 22 aprile 2008

VI. Cosa significa amare

In questo mondo bisogna essere
un po' troppo buoni per esserlo abbastanza.
(Marivaux, 'Il gioco dell'amore e del caso')

domenica 13 aprile 2008

Agrodolce come la maturità

Ogni giorno ti scopri su un filo. Non sai quanto possa reggere, ma sai che il filo è elastico ma non eterno. E' un filo che si allunga, si accorcia, si sposta secondo le necessità, a seconda di chi ci cammina. Per ora ci cammini tu e il tuo peso è estremamente variabile perché dipende da quanto hai mangiato stamattina a colazione e da quanti pasticcini ti sei sparato ieri a merenda. Dipende dai pensieri gravi che ti gironzolano in testa e dipende da quanto peso altrui ti sei caricato sulle spalle. E poi lo sai benissimo che, anche se tu sei abbastanza leggero, ti porti sempre dietro troppe parole. Parole pesanti che gravano su di te e anche su quel maledetto filo. Sono le parole che hai dentro, quelle che ti rigiri costantemente tra le mani, che volti e rivolti come se fossero un dolce che vorresti mangiare ma sai che la tua dieta non te lo consente. Dunque, sei estremamente combattuto, perché le parole che hai ancora tra le mani e che vorresti ringoiare sono parole amare, che ti fanno male allo stomaco sia se te le tieni per te, sia se ne fai l'uso che si suppone tu debba farne.

Insomma, se tu quelle parole te le ingoi, quelle stronze scendono giù giù giù per il tuo esofago, arrivano allo stomaco che secondo me le inacidisce tutte e poi ZAC: ti escono - dopo un lungo tortuoso e tormentato percorso - con il tono sbagliato.
Se, invece, trovi un po' le palle di non ingoiarle, intanto eviti che il loro terribile gusto amarognolo perduri nella tua bocca, dove le papille gustative gridano già vendetta, e poi le puoi ben confezionare, preparare, ricoprire di glassa e puoi dire le cose come stanno con il tono giusto.

Ci vogliono coraggio, determinazione, maturità.

Maturità.


Ci vuole sempre maturità.